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lunedì 12 dicembre 2011

SCLEROSI MULTIPLA- La scoperta del professor Zamboni

Nel 2007 il professor Paolo Zamboni, chirurgo vascolare di Ferrara, scopre che i malati di sclerosi multipla sono affetti da una malformazione alle vene giugulari e azygos, con un piccolo intervento endovascolare i pazienti perdono la stanchezza dovuta alla malattia e riacquistano il movimento degli arti. Ma i neurologi sono scettici, e così la sperimentazione, nonostante la disponibilità della regione Emilia Romagna, è ferma. Servono 2 milioni e mezzo di euro. Ma i malati hanno fretta e contro il parere del proprio neurologo si sottopongono a interventi a pagamento nelle cliniche private.
L’Aism ha replicato che è in atto uno studio epidemiologico, avviato qualche mese fa, che sta procedendo come da protocollo: “il progetto di ricerca partirà non appena verrà ricevuto il protocollo definitivo”. L’Aism ha anche ricordato ai pazienti di “non sottoporsi all'operazione se non all'interno di studi clinici controllati e di non affidarsi a cliniche private”.
Ma perché il metodo Zamboni è così rivoluzionario e ha un tale seguito di pazienti? La CCSVI (insufficienza venosa cerebro-spinale cronica) è una malformazione delle vene che portano ilsangue fino al cervello. Secondo Zamboni questa patologia è strettamente connessa con la Sclerosi Multipla perché il rallentamento del flusso sanguigno nel cervello provoca un anomalo accumulo di ferro e se si cura la CCSVI, liberando i vasi occlusi con l’angioplastica, si possono ritardare i sintomi della Sclerosi Multipla e migliorare le condizioni di salute del paziente.
Non tutti gli esperti, però, sono d’accordo: qualcuno dichiara che non tutti i pazienti con Sclerosi Multipla hanno la CCSVI e altri che questa condizione è presente anche in una percentuale di persone sane. Le associazioni di pazienti premono affinché lesperimentazioni entrino nel vivo al più presto, anche per evitare che ci sia un fiorire di iniziative private poco chiare che possano cavalcare le speranze degli ammalati.


Oggi, la rivista BMC Medicine, pubblica i risultati di una ricerca che ha visto la stretta collaborazione avvenuta tra il centro per le malattie vascolari dell’Università di Ferrara diretto da Paolo Zamboni, il “BeNe” dell’ospedale Bellaria di Bologna diretto da Fabrizio Salvi ed il dipartimento di neurologia e neuroimmagini dell’Università di New York con sede a Buffalo, diretto dal ProfessorRobert Zivadinov.
Questo risultato -dichiara Zamboniindica con chiarezza come il fenomeno di degenerazione dell’assone (la componente centrale del nervo), che è in ultima analisi l’evento che porta alla disabilità, è influenzato negativamente dal cattivo funzionamento delle vene che si ha incorso di CCSVI".
I dati, presentati a Bologna nell’ambito del Congresso annuale della Società Internazionale per le Malattie, parlano di una percentuale del 75% di pazienti con sovrapposizione delle due patologie, sclerosi multipla e CCSVI, con un’età media inferiore ai 40 anni. Per ovviare a ciò sono state tracciate,inoltre, anche le linee guida pratiche per l’indagine di screening, che saranno riconosciute in tutto il mondo, basate su un nuovo test non invasivo, la pletismografia cervicale.
Il test di breve durata (5 minuti) riesce a giungere a una prima diagnosi con elevata attendibilità, infatti, anche se si tratta solo di un prototipo non sviluppato commercialmente, avrebbe un’attendibilità dell’85%.
Questa condivisione –conclude Zamboni – porterà presto a un miglioramento anche nelle pubblicazioni a carattere scientifico, arricchite così dalle esperienze che nel frattempo sono state maturate nei diversi centri mondiali”.

GUARDA LA PUNTATA DI REPORT

martedì 6 dicembre 2011

Runtastic for Iphone

Sin dai primi tempi, sono state parecchie le app, più o meno efficaci, che proponevano di seguirti durante i tuoi allenamenti quotidiani per darti i giusti consigli e, in pratica, per comportarsi da vero e proprio trainer virtuale personale. In questo oceano di applicativi, Runtastic si segnala come uno dei più completi e dei più efficaci, sia per le attività all’aperto, per le quali è stato appositamente studiato, sia per quelle in palestra.


Runtastic propone un sistema completo di assistenza. Si possono personalizzare i propri obiettivi, quindi non ha importanza se siete degli sportivi accaniti oppure semplicemente impiegati che desiderano scaricare lo stress dopo una giornata seduti in ufficio. Dal movimento per dimagrire al raffinamento del tono muscolare, ogni esigenza è coperta e, soprattutto, è interfacciata con il sito di Runtastic e, volendo, con il vostro profilo di Facebook. Molto divertente la nuova funzione, esclusiva della versione 2.0, grazie alla quale i vostri amici potranno fisicamente “fare il tifo” seguendo i vostri risultati, fosse anche solo per spirito di goliardia o cameratismo (se poi avete veramente dei tifosi al seguito, tanto meglio).

Di seguito vi riportiamo il changelog completo delle caratteristiche di Runtastic:

• Traccia gli allenamenti con il GPS: registra automaticamente tempi, distanze, calorie consumate, velocità e altro!

• Visualizza la tua posizione attuale e il tuo percorso (Google Maps)
• Tabella Velocità e grafico per Passo, Altitudine, Velocità e battito cardiaco
• Registro allenamenti

• Supporto vocale in inglese, tedesco, francese, italiano, spagnolo

• Integrazione con iPod: Ascolta la tua musica preferita mentre ti alleni

• Powersong: Attiva la tua Powersong quando hai bisogno di accelerare

• Live Tracking: visualizzazione in tempo reale della tua posizione, fa in modo che i tuoi amici o la tua famiglia sappiano dove sei

• Incitamento durante le attività: ora i tuoi amici potranno tifare per te da runtastic.com oppure dai vari social network mentre ti alleni. Di certo ti incoraggeranno!

• Allenamenti a intervalli e personal trainer: migliora gradualmente le tue prestazioni sotto la guida di runtastic.com

• Competizioni: Corri contro te stesso o sfida i tuoi amici mentre il supporto vocale ti informerà se sei in vantaggio.

• Modo Workout (Brucia una pizza durante le attività)

• Monitoraggio del tuo peso

• Condivisione via Social Network: Posta le tue attività su Facebook, Twitter e sul portale di runtastic fitness

• Sport indoor: L’inserimento manuale dei dati ti permette di tenere traccia delle tue attività su treadmill, in palestra o facendo yoga.

• Modo landscape
- Integrazione con cardiofrequenzimetro tramite accessori addizionali
• Allenamento a zone cardiache (Zona aerobica, …) Scegli il training che fa per te

• Calcolo accurato dell’altitudine
• Fotografie georeferenziate

• Calcolo albe e tramonti

• Risoluzione grafica elevata su iPhone 4

• Tutti i futuri aggiornamenti sono gratis

domenica 4 dicembre 2011

Idee originali per Natale con miofotografo.it

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sabato 3 dicembre 2011

Appunti Fisiopatologia apparato locomotore

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venerdì 2 dicembre 2011

Tirocinio Formativo Attivo ( TFA) : definite le prove di accesso con un decreto


Alla fine ci siamo (quasi...)  il decreto è stato scritto.Il primo... quello che riguarda le prove di accesso,manca ancora quello che stabilirà il numero programmato di accesso... e tanto altro ancora.
I corsi sono relativi alle abilitazioni relative alle sole classi di concorso previste dal DM 39/98:potrà accedere solo chi è  in possesso dei titoli attualmente richiesti per l'insegnamento nella scuola secondaria.I requisiti richiesti devono essere posseduti entro la data di scadenza delle iscrizioni alle prove selettive fissata da un successivo provvedimento ministeriale.L'accesso ai corsi è a numero programmato che sarà stabilito con un successivo decreto.
La prova di accesso consiste in:
  1. un test preliminare predisposto dal Ministero;
  2. una prova scritta predisposta da ciascuna Università/Istituzione AFAM;
  3. una prova orale.
Il test preliminare è costituito da 60 quesiti con quattro opzioni di risposta (0,5 punti per ogni risposta esatta, nessuna penalizzazione per risposte errate od omesse). 10 quesiti sono destinati a verificare le competenze in lingua italiana, inclusa la comprensione di uno o più testi scritti. Gli altri quesiti sono finalizzati a verificare le conoscenze disciplinari relative alla classe di concorso. I riferimenti per i quesiti specifici sono i programmi dei concorsi del 1999 (DM 357/98), integrati dai successivi provvedimenti normativi.
Si accede alla prova scritta se si acquisisce un punteggio di almeno 21/30.
La prova scritta è stabilita dalle Università/Istituzioni AFAM per verificare le conoscenze per uno o più discipline previste nella classe di concorso, le capacità di analisi, interpretazione e argomentazione ed il corretto uso della lingua italiana. Sono previste particolari prove per gli insegnamenti linguistici ed eventuali prove pratiche in laboratorio per gli insegnamenti scientifici o tecnici. Si accede alla prova orale se si acquisisce un punteggio di almeno 21/30.
La prova orale è superata se il candidato riporta un voto non inferiore a 15/20. La prova è svolta tenendo conto delle specificità delle diverse classi di concorso. Nel caso di classi di concorso relative alla lingua straniera, la prova è svolta nella lingua straniera per cui si richiede l'accesso, nel caso di classi di abilitazione affidate al settore dell'AFAM la prova orale può essere sostituita da una prova pratica.
La graduatoria per l'accesso sarà redatta aggiungendo ai punteggi conseguiti nelle prove (se superate) quelli dei titoli e dei servizi indicati nell'allegato A al decreto.
È ammesso al tirocinio formativo attivo, secondo l'ordine della graduatoria, un numero di candidati non superiore al numero dei posti disponibili per l'accesso, indicato nel bando del Ministero.
Sono ammessi in soprannumero, senza dover sostenere alcuna prova, coloro i quali fossero risultati idonei e in posizione utile in graduatoria ai fini della ammissione ai corsi SSIS (anche ai fini del conseguimento di una seconda abilitazione) per la medesima classe di concorso.
Con il superamento dell'esame finale si consegue l'abilitazione per la classe di concorso. Tale abilitazione, a normativa vigente, consente l'inserimento nelle graduatorie di II fascia d'istituto e la possibilità di partecipare ai futuri concorsi, anche se esistono alcune deroghe per i vecchi laureati .

sabato 26 novembre 2011

Cellulite: terapia fisica-Cellulitis and physical activity

CHE COSA È?
La cellulite è un'affezione cutanea che prende origine dalla compresenza di molteplici fattori altamente soggettivi. A differenza di quanto si credeva alcuni anni fa, la cellulite non è costituita da localizzati depositi adiposi, la cellulite è infatti causata da un processo infiammatorio a carico del tessuto adiposo sottocutaneo, infiammazione che interessa in larga parte anche piccoli vasi sanguigni e linfatici, strutture che una volta colpiti diventano attori fondamentali del processo di sviluppo della cellulite dato che sono i principali strumenti di deflusso dei liquidi in eccesso. L'impossibilità di drenare efficacemente i liquidi interstiziali fra le cellule adipose esalta il processo infiammatorio ed il conseguente sviluppo della cellulite.
Il processo infiammatorio della cellulite è stato suddiviso in diversi gradi di sviluppo che generalmente appaiono con l'aggravarsi dell'inestetismo. Al primo grado troviamo la cellulite edematosa, meglio conosciuta come "Buccia d'arancia", seguono poi la, cellulite fibrosa e l'ultimo stadio; la cellulite sclerotica, caratterizata da evidenti deformità cutanee, ipersensibilità e dolore.
Allo stato normale il derma e i tessuti che lo sostengono (pannicolo adiposo e strato muscolare) sono in uno stato di equilibrio fisiologico, metabolico e circolatorio che presuppone un reticolo micro-circolatorio, artero-venoso e linfatico perfettamente funzionante e uno strato adiposo sottocutaneo ben vascolarizzato, senza eccessi di accumulo, problemi trofici o fibrosi reattiva.



Tutti gli elementi che compongono i differenti strati cutanei sono in stretta relazione, realizzando delle unità tissutali e micro-circolatorie che sono legate sia sul piano anatomo-funzionale che chimico-metabolico.
La cosiddetta cellulite, il cui vero nome è panniculopatia edemato – fibro -  sclerotica (P.E.F.S.), deriva dal un'alterazione del derma e dell'ipoderma; in condizioni ottimali, le cellule adipose (adipociti) normalmente presenti nel tessuto sottocutaneo funzionano da riserva di energia per l'organismo, che brucia grassi ogniqualvolta abbia necessità di combustibile.
In caso di stasi del circolo venoso questa "riserva" diventa difficile da utilizzare, si accumula fino a comprimere i capillari sanguigni, già fragili, che iniziano a trasudare plasma dalle loro pareti divenute porose.
Il plasma si infiltra fra le cellule, con il tempo provoca un' infiammazione del tessuto adiposo con formazione di fibrosi dei tessuti sottocutanei: i capillari vengono ulteriormente compressi e il drenaggio dei liquidi in eccesso si fa sempre più difficile. Si innesca quindi un "circolo vizioso" che autoalimenta questa patologia, perché di vera e propria patologia si tratta, anche se spesso ci si limita al suo significato di banale inestetismo.

Il processo infiammatorio che porta alla comparsa della cellulite prende origine sulle cellule del tesssuto adiposo; gli adipociti cellule altamente ricche di glicogeno e che come tutte le cellule necessitano di mantenere attivi i collegamenti interstiziali per lo scambio di fluidi. Le cellule infatti necessitano di essere rifornite continuamente di fluidi contenenti soluti nutritivi e al contempo devono poter liberarsi dagli scarti metabolici prodotti durante le funzioni vitali. L'ipoderma (strato profondo della cute) dove risiede il tessuto adiposo è altamente vascolarizzato con una rete di capillari venosi e linfatici atti a mantenere una costante mediazione degli scambi fisiologici. L'equilibrio che regola gli scambi è molto delicato, bastano infatti delle leggere alterazioni fisiologiche per rallentare il processo di scambio, in tal caso i liquidi permangono a contatto con i capillari irritandoli e facendogli perdere tonicità, il ristagno di liquidi porta ad un'infiammazione anche delle cellule adipose che non sono più adeguatamente irrorate dai capillari linfatici e veonsi. E' l'inizio della cellulite! I liquidi in eccesso forniscono alla pelle un aspetto molle con conseguente calo della tonicità ed elasticità, la cellulite inizia a comparire con la pelle molle e piccoli edemi localizzati.

L'evoluzione della cellulite

I liquidi in eccesso penetrano fra le cellule adipose distianzandole l'una dall'altra, così facendo le cellule perdono la capacità di svolgere efficacemente le proprie funzioni metaboliche, le cellule adipose si ingrossano e vanno a comprimere le fibre di collagene del tessuto connettivo, provocando le classiche scabrosità affioranti in pelle tipiche della cellulite. L'isolamento delle cellule adipose non permette a queste di essere raggiunte dal sangue pulito e al contempo non riesce ad espellere i liquidi di scarto ricchi di tossine, si instaura un circolo vizioso che causa un aggravarsi della cellulite, le tossine libere vengono infatti assorbite da altre cellule peggiorando la situazione progressivamente. L'alterazione delle fibre di collagene, l'indurimento dei capillari e la formazione di edemi divengono visibili in pelle con la classica "Buccia d'arancia". Gli stadi successivi della cellulite compaiono quando le cellule di collagene cominciano ad ammassarsi divenendo spesse ed indurite, le fibre elastiche e di collagene pian piano possono imprigionare il grasso all'interno di noduli, prende così forma alla "cellulite sclerotica".


ATTIVITÀ FISICA A PREVALENTE IMPEGNO ORGANICO (AEROBICA)

Certamente l'attività di durata (aerobica) è la più indicata in quanto attiva per lungo tempo l'apparato cardiocircolatorio e respiratorio, favorendo la circolazione sanguigna periferica e in particolare la microcircolazione a livello tessutale e cellulare delle regioni muscolari impegnate.
Può essere realizzata utilizzando diversi mezzi sia in casa, in palestra o all'aperto: corsa a piedi su terreno o su tapis roulant, step, bicicletta o cyclette, vogatore, sci di fondo, nuoto, ecc. Cambia il mezzo utilizzato ma non la metodologia che va applicata. Ovviamente il mezzo scelto deve mobilizzare prioritariamente le regioni colpite dalla cellulite.

Prima di iniziare un qualsiasi programma di attività fisica è sempre opportuno sottoporsi ad una accurata visita medica. Inoltre è necessario munirsi diabbigliamento e attrezzature adeguate.
Infine:
- Programmare 3 esercitazioni settimanali (non meno di 2).
- Regolare lo sforzo fisico tra il 60-70% della propria massima frequenza cardiaca (numero di pulsazioni al minuto). Utilizzando questa frequenza si da anche modo all'organismo di utilizzare a scopo energetico una miscela di zuccheri e grassi, mentre a velocità superiori la fonte energetica è data quasi esclusivamente dagli zuccheri.
  L'intensità di lavoro che non va comunque oltrepassata è quella che permette di dialogare con un partner senza affanno, ovvero non va superata la soglia di piacevole affaticamento che prelude alla stanchezza.

Calcolo della Massima Frequenza Cardiaca
e della Frequenza Cardiaca Consigliata
M.F.C. = 220 - età (in anni)
Esempio
- età 40 anni
- massima frequenza cardiaca: 220 - 40 = 180
- 60-70% di 180 = 108-126 (F.C.C.)
Attualmente viene preferita la formula di Hirofumi Tanaka:
208 - 70% dell'età in anni

- Prima di iniziare una qualsiasi attività è necessario dedicare qualche minuto al riscaldamento generale, eseguendo semplici esercizi non impegnativi (flessioni, estensioni, slanci, circonduzioni dei vari segmenti del corpo).
- Fare in modo che tra l'inizio dell'attività e l'ultimo pasto siano trascorse almeno 2,5-3 ore. La digestione richiede un notevole afflusso sanguigno, afflusso che verrebbe sottratto dai muscoli agli organi digestivi.
- Ogni esercitazione, indipendentemente dall'attività prescelta, dovrà svolgersi per un tempo prestabilito (mediamente 30-40 minuti) con alternanza tra ritmo molto blando e intensità prevista (es.: se si è scelta la corsa a piedi o il tapis roulant, alternare momenti di passo a momenti di corsa).

World cup Volley 2011: Italy destroy Usa

Battuti gli Stati Uniti, l'Italia continua la sua marcia verso la qualificazione a Londra 2012.
Il match è davvero combattuto e forse per questo rende ancor più gustosa la vittoria. 
Coach Berruto, per questo appuntamento importantissimo, schiera Michal Lasko in diagonale col nostro regista Dragan Travica, i due posto 4 Cristian Savani e Ivan Zaytsev e al centro Alessandro Fei e Gigi Mastrangelo, con Andrea Giovi libero.


Le prime fasi di gioco sono punto a punto, poi gli States allungano a +3 sul 10-7 e l'Italia riagguanta il pari a 11. I nostri avversari provano ad andare via di nuovo e toccano il 18-15, ma Savani e compagni riequilibrano il punteggio sul 20-20. Parte così un'estenuante fase di punto a punto, dove gli USA avranno sette set point e l'Italia addirittura dieci prima di riuscire a chiudere sul 41-39 grazie a una parallela di capitan Savani che lascia qualche dubbio sulla riga intorno alla quale la palla cade.
Nel secondo set Parodi, che aveva rimpiazzato Zaytsev, resta nel sestetto titolare e l'Italia rimane in palla, complice anche la prova di forza del parziale precedente. E' di nuovo punto a punto fino al 10-10, poi i ragazzi di Berruto vanno avanti regolari, mentre gli States infilano una serie di errori. Il massimo vantaggio arriva col primo tempo di Fox Fei che sigla il 19-15, poi Stanley e compagnia si riprendono e riescono a tornare a -1 sul 21-20 azzurro. Salmon, tuttavia, sbaglia la battuta e rilancia l'Italia, che arriva al 24-21 grazie a un gran muro di Lasko. Chiude poi Parodi con un mani-out sul 25-22.
Nel terzo set, confermato ancora Savani, anche se ha un problema a una mano; questa volta sono gli statunitensi a cercare di scappare. E' 10-7 per i nostri avversari e gli azzurri ricuciono lentamente lo strappo fino al 13-13. La nuova accelerata porta gli USA avanti 18-15 e i nostri si rifanno sotto fino al 21-22. Sul 23-21 avversario, Thornton sbaglia la battuta e si ritorna a sperare, ma ci pensa Stanley con due punti consecutivi a chiudere il parziale 25-22 in proprio favore.
Nel quarto set Birarelli va a sostituire Fei e subito gli States sono aggressivi: vanno sopra di 4 sul 9-5 e restano avanti fino al 13-13. Dopo una fase di equilibrio, il break definitivo italiano arriva sul 19-17 e i due punti di divario rimangono inalterati fino al 22-20, quando gli Stati Uniti pasticciano tra loro e ci regalano il 23° punto Un muro "a sangue" di Mastrangelo consegna alla nostra squadra quattro match point: è il nostro regista Travica a sfruttare il secondo con un attacco sul secondo tocco che spiazza la difesa a stelle e strisce per il 25-21.


E' bravissimo il nostro palleggiatore: in quattro set colleziona ben 7 punti (4 attacchi, 2 muri e un ace). Il migliore del match, giustamente, è però Michal Lasko, autore di una bellissima partita che gli frutta un intero set da solo: fa infatti 25 punti (20 attacchi, 3 ace e 2 muri).
Buona la partita di Savani soprattutto nel primo set (20 punti), nonostante l'infortunio, mentre non brillano in alternanza Zaytsev (5) e Parodi (4). Benissimo Mastrangelo, che dopo un avvio diesel riesce finalmente a carburare e mette a segno 12 punti.
Dall'altra parte il trascinatore è sicuramente capitan Clayton Stanley, che ci fa soffrire parecchio col suo attacco in parallela e porta a casa 22 punti.
Dopo queste due ore e otto minuti di gioco (45' vanno via solo per il primo set), la squadra è stanca, ma sicuramente felice. Adesso è fondamentale avere il giorno di riposo per recuperare energie e trasferirsi da Kumamoto ad Hamamatsu: il prossimo impegno è infatti domenica e non sarà dei più semplici. Ci aspetta Cuba, reduce dalla vittoria per 3-1 con la Serbia.



"I thought tonight both teams sided out well; both offenses sided out a high number," U.S. Head Coach Alan Knipe (Huntington Beach, Calif.) said. "The first game was a marathon. Both teams had opportunities, and we’ll look back at opportunities we had and see what we could do better."

The second set saw Italy take the first significant lead at 14-11. The U.S. pulled to within one at 22-21, but Italy held it off for the win. In the third set it was the U.S. that took the significant lead at 18-15. Italy pulled to within one at 22-21, but the U.S. attack held off the Europeans. The U.S. lead 8-4 at the first TTO of the fourth set and continued to lead 13-10 before Italy tied it at 13-13. The score was still tied at 17-17 before Italy scored twice to pull away.
Opposite and team captain Clay Stanley (Honolulu, Hawaii) led the U.S. with 22 points on 20 attacks, one block and one ace. Outside hitter Matt Anderson (West Seneca, N.Y.) added 20 points on 18 kills, one block and one ace. Outside hitter Reid Priddy (Richmond, Va.) totaled 19 points on 16 spikes, two blocks and one ace.
The U.S. out-attacked Italy, 68-65 and the teams were tied on aces 5-5. But Italy won the blocking battle 13-8 and also scored 30 points off U.S. errors while committing 26.
"I think this game was won on blocking and Italy blocked better," Stanley said. "Italy got some good serves, got in a couple of aces. We relaxed a little too much on coverage of hitters, and those little points cost us the game."
The first set was the highest scoring set in World Cup history as the U.S. took set point at 24-23 before Italy came back to score on two kills to take its first set point. The U.S. would fight off two more before taking its second advantage at 28-27. The U.S. took four more set points. But at 33-32, Italy scored on a kill and ace to regain the advantage. Team USA fought Italy off five more times before Michal Lasko got a kill off the block and Cristian Savani followed with an attack to give Italy the 41-39 victory.

sabato 19 novembre 2011

Il ruolo dell'ossido d'azoto nell'adattamento umano all'ipossia.

L’ossido di azoto (NO), impropriamente chiamato ossido nitrico, è una specie chimica reattiva di natura radicalica centrata sull’azoto. Considerato per decenni un gas altamente inquinante – responsabile, tra l’altro, del cosiddetto “buco dell’ozono” – solo in epoca molto recente esso è stato individuato come uno dei più potenti mediatori biochimici che gli organismi viventi producono al loro interno al fine di controllare molte delle loro funzioni .
L’NO è una sostanza abbastanza ubiquitaria prodotta a partire dall’amminoacido L-arginina in una reazione multi-step catalizzata dall’enzima ossido nitrico sintetasi. Quest’ultimo esiste in numerose isoforme, alcune costitutive (cellule endoteliali, piastrine, sistema nervoso) ed altre inducibili (macrofagi, leucociti polimorfonucleati, cellule endoteliali, cellule muscolari lisce, epatociti), e ciò dà ragione dell’ampia distribuzione dei siti di produzione dell’importante mediatore nel nostro organismo. Nei sistemi biologici, l’NO agisce come un importante messaggero intra- ed inter-cellulare regolando numerosissime funzioni, in primis quella dell’endotelio vascolare. Infatti, in seguito ad adeguata stimolazione (meccanica o chimica), le cellule endoteliali producono l’NO che, in parte, diffonde nel compartimento ematico, riducendo l’aggregabilità delle piastrine e l’adesività dei leucociti alle pareti dei vasi sanguigni, e, in parte, raggiunge la sottostante muscolatura liscia vascolare inducendone il rilasciamento. I conseguenti effetti anti-aggreganti, anti-infiammatori ed anti-ipertensivi sono ritenuti di grande importanza nella prevenzione dell’aterosclerosi. D’altronde, i famosi nitriti esteri e la stessa nitroglicerina sublinguale (Carvasin®), ampiamente usati come anti-anginosi decenni prima della “scoperta” dell’NO, sono, in realtà, dei “donatori” di questo mediatore ed è relativamente recente la messa a punto delle nitro-aspirine, derivati “nitrati” dell’acido acetilsalicilico in grado di rilasciare NO a livello periferico. 
Rimanendo nell’ambito della farmacologia cardiovascolare, giova anche sottolineare che il sildenafil (Viagra®) agisce “prolungando” la durata d’azione dell’NO a livello dei corpi cavernosi del pene, contribuendo in questo modo a migliorare la funzione erettile, variamente  compromessa nell’impotenza maschile. Oltre all’effetto primario sull’endotelio, all’NO è riconosciuto un ruolo determinante di mediatore biochimico in numerose funzioni, a livello cerebrale (es. controllo dell’apprendimento e della memoria), gastrointestinale (modulazione delle secrezioni e della motilità), respiratorio (modulazione del tono della muscolatura liscia bronchiale), renale (autoregolazione del flusso ematico), e così via. All’NO, in quanto radicale, è attribuita  un’importante funzione di difesa nei confronti delle infezioni batteriche e, probabilmente, nel controllo della crescita dei tumori . A questo proposito occorre aggiungere, comunque, che condizioni di aumentato stress ossidativo – es. eccessiva produzione di anione superossido – comportano la conversione dell’NO in perossinitrito, una forma radicalica alla quale è legata la tossicità del mediatore primario .
Dopo che ha agito, l’NO viene trasformato in una serie di derivati, quali i nitriti ed i nitrati, che si accumulano, in funzione della quantità del mediatore primario prodotto, nel sangue ed in altri fluidi extracellulari per poi essere definitivamente allontanati dall’organismo attraverso le urine. Infatti, numerosi studi sperimentali e clinici hanno documentato che i livelli plasmatici ed urinari di nitriti/nitrati correlano abbastanza bene con la produzione “endogena” di NO, anche dopo particolari terapie.  
Poiché la ridotta biodisponibilità dell’NO (figura 1) è ritenuta responsabile dell’insorgenza e/o dell’aggravamento di numerose quanto diffuse e temibili malattie, quali l’ipertensione arteriosa e l’aterosclerosi , numerosi studi hanno valutato la possibilità di aumentare la sintesi endogena del mediatore centrato sull’azoto  attraverso l’integrazione alimentare.
  
                                             Fig. 1
SPINGERE il corpo al limite delle proprie possibilità non per sport, ma per scoprire nuovi trattamenti in grado di migliorare la vita dei pazienti in condizioni critiche. È questa la missione del  Case Medicine 1, l'unità speciale della London's Global University dedicata allo studio della medicina e della fisiologia in ambienti estremi, come l'alta montagna, i fondali oceanici e  - perché no -  anche lo spazio. 
Gli ultimi risultati pubblicati da questi 'avventurieri' della salute riguardano un esperimento che si è tenuto nella primavera del 2007 sul cucuzzolo del Monte Everest. Lo studio, pubblicato su Scientific Reports 2, suggerisce l'opportunità di un nuovo tipo di approccio per i pazienti che sperimentano una carenza di ossigeno. La stessa condizione (denominata ipossia) con cui hanno dovuto fare i conti gli alpinisti e gli scalatori della spedizione Caudwell Xtreme Everest 3 e che, in nome della scienza, si sono fatti fare il primo check-up della storia sopra gli 8.400 metri.Lo studio si è basato sulle analisi del sangue e altri reperti medici collezionati durante le varie fasi della scalata. All'impresa hanno partecipato 198 escursionisti e 24 alpinisti, tra cui numerosi medici e scienziati. Tutti rientravano nella vasta categoria del 'lowlander', vale a dire persone nate e cresciute a quote relativamente basse e dunque non geneticamente selezionate per sopravvivere a quelle altitudini da capogiro. Grazie alle misurazioni effettuate dai colleghi della University of Warwick 4, i ricercatori sono giunti alla conclusione che il grande protagonista del processo che consente al corpo umano di adattarsi alla carenza di ossigeno è un composto chimico chiamato ossido di azoto. L'idea, dunque, è che i malati colpiti da ipossia possano trarre grandi benefici da farmaci e procedure - in parte già esistenti - in grado di incentivare la produzione di questo composto."L'ipossia è una condizione che affligge moltissime persone che hanno problemi ai polmoni, al cuore, al sistema circolatorio o ai globuli rossi", ha spiegato Denny Levett, vicedirettrice di Caudwell Xtreme Everest. L'ossigeno, infatti, forma circa il 21% dell'aria che respiriamo ed è la parte essenziale per la vita umana. Ciascuna delle milioni di cellule che compongono il nostro corpo ha un continuo bisogno di ossigeno per generare energia e tenersi viva. "Una mancanza di ossigeno provoca il deterioramento e, alla lunga, la morte delle cellule", ha aggiunto la ricercatrice. "Essendo il risultato di diverse malattie e malfunzionamenti, l'ipossia riguarda un numero enorme di malati, sia negli ospedali che a casa. Finora i modi più efficaci per trattarla sono stati fondamentalmente due: l'amministrazione di ossigeno tramite maschere e l'utilizzo di ventilatori meccanici, un processo delicato che deve essere gestito da personale specializzato all'interno di un'unità di terapia intensiva".Quando si sale ad alta quota, invece, è la disponibilità di ossigeno nell'aria a essere fortemente ridotta. "L'ossigeno diventa sempre più scarso durante l'ascesa, fino a livelli che rendono quasi impossibile la vita", ha spiegato ancora Levett. "Per questo gli scalatori hanno bisogno di partite extra di ossigeno, un po' come i malati. La cosa bella, però, è che se si affronta la salita in modo graduale il nostro corpo è capace di adattarsi all'ipossia in un processo conosciuto come acclimatamento".Per la prima volta, dunque, i ricercatori del CASE Medicine e della University of Warwick sono riusciti a comprendere meglio i cambiamenti molecolari che sottendono questo fenomeno di adattamento. L'osservazione più rilevante riguarda appunto l'ossido di azoto, un composto prodotto virtualmente da ogni cellula del corpo e deputato a diverse funzioni tra cui la regolazione della pressione sanguigna, l'apprendimento e la formazione della memoria e la protezione dalle malattie infettive. A quanto pare nelle persone che si sono avventurate sull'Everest, la produzione e l'attività dell'ossido di azoto hanno subìto una vera e propria impennata che ha provocato cambiamenti nel flusso sanguigno anche nei vasi più piccoli. Consisterebbe in questo, dunque, uno dei segreti dell'acclimatamento."I risultati sono coerenti con altri studi effettuati sugli abitanti dell'Altopiano del Tibet, dai quali era emerso come queste persone abbiano livelli di ossido di azoto superiori rispetto a chi vive ad altitudini più basse", ha detto Martin Feelisch, professore di Medicina Sperimentale e Biologia Integrativa alla Warwick Medical School e responsabile del lavoro analitico. L'insieme di queste rilevazioni ha convinto i ricercatori britannici del fatto che la somministrazione di farmaci e trattamenti in grado di favorire la produzione di questo composto possa rappresentare una strada più promettente e meno invasiva verso il recupero e il miglioramento della qualità della vita dei pazienti in condizioni critiche."Con la missione Caudwell Xtreme Everest siamo riusciti a dimostrare che la risposta naturale dell'organismo alla scarsità di ossigeno consiste nell'aumento della produzione di ossido di azoto", ha concluso Feelisch. "Negli anni che verranno, potremmo assistere all'avvento di una nuova era per quel che riguarda i trattamenti di emergenza e le cure intensive". Per gli esperti del Case Medicine, infine, si tratta di un'ulteriore conferma del fatto che studiare le reazioni del corpo umano in ambienti estremi può essere - oltre che un po' folle - estremamente utile. Al di là del progetto Everest, infatti, il gruppo è impegnato in programmi che esplorano virtualmente tutti gli aspetti del possibile. Ci sono progetti in collaborazione con la Nasa per indagare le interazioni geni-ambiente e lo sviluppo di nuove tecnologie mediche, così come programmi di ricerca iperbarica, subacquea, aerea e a temperature estreme. Tutto nella convinzione che "lo studio dei sistemi umani portati vicino al punto di rottura possa fare la differenza nella nostra capacità di capire e aiutare i malati critici".
INDICE DEI LINK
1. Case Medicine — http://www.case-medicine.co.uk/
2. Scientific Reports — http://www.nature.com/srep/index.html
3. Caudwell Xtreme Everest — http://www.xtreme-everest.co.uk/
4. University of Warwick — http://www2.warwick.ac.uk/

The role of nitrogen oxides in human adaptation to hypoxiaLowland residents adapt to the reduced oxygen availability at high altitude through a process known as acclimatisation, but the molecular changes underpinning these functional alterations are not well understood. Using an integrated biochemical/whole-body physiology approach we here show that plasma biomarkers of NO production (nitrite, nitrate) and activity (cGMP) are elevated on acclimatisation to high altitude while S-nitrosothiols are initially consumed, suggesting multiple nitrogen oxides contribute to improve hypoxia tolerance by enhancing NO availability. Unexpectedly, oxygen cost of exercise and mechanical efficiency remain unchanged with ascent while microvascular blood flow correlates inversely with nitrite. Our results suggest that NO is an integral part of the human physiological response to hypoxia. These findings may be of relevance not only to healthy subjects exposed to high altitude but also to patients in whom oxygen availability is limited through disease affecting the heart, lung or vasculature, and to the field of developmental biology.Nitric oxide (NO) is a ubiquitous signalling molecule produced through the metabolism of L-arginine by nitric oxide synthases (NOS). Its formation is crucial for the control of blood pressure, blood flow, and other vital bodily functions. Amongst these, it is an important antioxidant, and a regulator of intermediary metabolism and cellular energy production by mitochondria. NO availability may be reduced at altitude since i) its enzymatic production depends on the availability of oxygen and ii) exposure to hypoxia results in a paradoxical increase in the production of reactive oxygen species (in particular when combined with physical activity) leading to NO inactivation. This is consistent with the notion that hypoxia leads to an increase in the expression of different NOS isoforms via upregulation of HIF-1α, a master transcriptional regulator of oxygen homeostasis. However, the situation is complex inasmuch as HIF-1α stability is controlled not only by the availability of oxygen but also that of NO. Moreover, recent studies suggest an alternative pathway of NO generation that involves sequential reduction of nitrate (NO3) to nitrite (NO2) and further to NO, and which is inhibited by oxygen. Perhaps for these reasons, Tibetan highlanders exhibit elevated levels of circulating NO products (including plasma nitrate and nitrite) when compared to lowlanders. The combination of high NO production and low haemoglobin concentration in this population is associated with increased forearm blood flow. Intriguingly, lowlanders adapting to high altitude exhibitreduced blood flow in the microcirculation (arterioles, capillaries, and venules less than 100 µm in diameter). Whether or not this phenomenon is modulated by endogenous NO or its metabolites is unknown. Recent reports of reduced oxygen cost of exercise and improved mitochondrial efficiency following dietary nitrate supplementation at sea-level support the notion that high nitrite/nitrate levels in Tibetans might be associated with beneficial metabolic adaptation to hypoxia. Thus, enhanced NO production may not be unique to highlanders but part of the integral human physiological response to hypoxia. We hypothesized that NO availability would be increased in lowland residents acclimatizing to altitude and that this would be associated with (i) reduced oxygen cost and improved efficiency of oxygen utilization during exercise and (ii) increased microcirculatory blood flow....
(www.nature.com/srep/2011/111006/srep00109/full/srep00109.html)